Archivi del mese: dicembre 2011

Callipigia

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Spesso le cose belle si possono solo guardare, per toccarle occorre essere fatti di una materia impalpabile. L’anima nera delle persone, l’ombra.

“Afrodite dalle belle (kalli) natiche (pygos)”

«Sul piano etico il culo è più onesto della faccia, non inganna, non è maschera ipocrita.» Tinto Brass

Pompe Di Notte

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Inauguro una nuova sezione nel blog, la “Soft Porn Shot”. In questa categoria posterò scatti per l’appunto soft, niente dal contenuto pornografico se non l’idea stramba dei soggetti ripresi e i titoli di cattivo gusto utilizzati.

POMPE DI NOTTE

Zenza Bronica S2A

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Fotograficamente parlando, il mio più grosso rimpianto si chiama Zenza Bronica S2A. Mi sono separato dalla mia amatissima S2A per finanziare l’acquisto di una giovane ed attraente reflex digitale, una geisha senza carattere che sa dire solo di si. Io non ho mai smesso di amare la mia scura e imbronciata Zenza, durante gli anni dentro di me sentivo di non essere completo, una parte di me mancava, c’era un vuoto medio formato da colmare. Non posso continuare a fingere a me stesso, io l’amo e nessun altra mi da quello che mi da lei. Occasione, quadrifoglio rosa al centro di una nota rivista, Zenza Bronica S2A con magazzino e 75mm f2,8 PC Nikkor, completa di imballo, pentaprisma esposimetrico russo, 105mm f3,5 Nikkor, duplicatore di focale, Prezzo €250,00 più spese di spedizione. Quadrifoglio rosa raccolto e portato a casa. La Zenza Bronica S2A è una fotocamera reflex medio formato dal design elegante, la sua linea è sinuosa come quelle di una pantera nera. Il mirino a pozzetto mostra il mondo con occhi Nikkor, in particolare lo strepitoso 75mm F2,8 PC Nikkor dalla resa superlativa, colori perfetti, nitidezza, boken sono il suo marchio di fabbrica. Per funzionare l’S2A non ha bisogno di batterie, le batterie sono cose da geishe che dicono sempre di si, per far alzare e abbassare le mutandine di tela nera della Zenza, basta toccarla nei punti giusti, ghiera dei tempi e manopola per avanzamento della pellicola, nonchè armamento del otturatore. L’unica cosa che occorre sono le pellicole, tante, tantissime pellicole, da caricare nel suo dorso. L’emozione dello scatto è maggiore rispetto a quando ci siamo lasciati, il rullo di diapo che ho usato mi viene consegnato in striscia, senza tagli, senza telai, come un sacro testo scritto e conservato in un rotolo. Le immagini prodotte per me sono speciali, la luce viene dominata in maniera sublime. Perchè comprare oggi una macchina cosi? Io sono di parte, perchè accecato dal amore smisurato e incondizionato che provo per lei, ma se dovessi consigliare una 6×6 a qualcuno, inizierei senza ombra di dubbio a raccontargli della mia scura e imbronciata Zenza Bronica.

RESA: 10

FEELING: 10

UTILIZZO: 8

GLOBALE: 9

GIUDIZIO FINALE : 37/40

Polaroid Studio Express

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Domenica mattina, appena sveglio, ho due possibilità. Provare per l’ennesima volta ad arrivare alla fine di “The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd. Oppure uscire di casa e fare una passeggiata. Siccome già so, che la mia battaglia con i Pink Floyd è persa in partenza, opto per la passeggiata. Il piacere di camminare per le strade della città ancora addormentata, fermarsi in pasticceria, infilare in un sacchetto di carta bianca un paio di brioches, allungare il passo e fermarsi in edicola. I soliti due quotidiani e il mio mensile fotografico. Adoro sfogliare le pagine rosa che si trovano al centro della rivista fotografica, il Mercatino Fotografico è pieno di annunci, alcuni folli altri disperati, ma in questa giungla a volte si possono trovare quadrifogli da raccogliere. Polaroid Studio Express €50,00 più spese, mi fermo a riflettere, ma io dove l’ho mai vista una Studio Express? Dopo qualche sforzo ricordo, una dozzina di anni fa mi feci fare le fototessere per la carta di identità. Mamma mia che orrore, capellone, barba poco curata, insomma non è che sembravo, ero proprio un delinquente. Mia madre ancora conserva nel suo portafoglio la foto, pronta ad esibirla alla prima occasione utile per mettermi in imbarazzo. Polaroid Studio Express devo averla, ok il prezzo è giusto, stacco il quadrifoglio dal prato rosa della mia rivista preferita. La Polaroid Studio Express è una fotocamera nata per uno scopo, ovvero il ritratto per fototessere, la usavano i fotografi in negozio per realizzare quei famosi quattro scatti che avrebbero decretato la fortuna o la sfortuna del futuro documento di identità. La Studio Express è una fotocamera tarata a funzionare a brevi distanze, non focheggia al infinito, quindi niente paesaggi, niente scorci, solo ritratti o particolari ravvicinati, il suo limite è solo la nostra fantasia. La fotocamera è dotata di quattro obiettivi che possono funzionare contemporaneamente, scattando quattro immagini uguali, oppure si possono scattare quattro differenti immagini. La messa a fuoco avviene mediante un sonar posto in basso a destra, che come un pippistrello valuta le distanze usando le onde sonore, le pellicole che utilizza sono tutte le type 100 Polaroid o le più recenti Fujifilm FP 100 oppure le 3000, è presente un flash orientabile che può essere anche disinserito a favore di un flash da studio, l’alimentazione è data da 4 batterie di tipo AA, oppure si può utilizzare l’alimentatore attaccando la presa a muro. La prova sul campo? Non è proprio semplice semplice da usare, una volta trovati i valori giusti va come un treno, ma un paio di scatti di prova bisogna sempre farli.  Perchè comprare una fotocamera del genere oggi? Semplice, perchè sono un nostalgico e non ho il posto ne i soldi per comprare una Photobooth. Alzi la mano, chi non ha mai tentato il record di persone fotografate in una fototessera? chi non si è mai fatto una fototessera con l’innamorata in atteggiamenti lascivi? Insomma chi non ha passato momenti magnifici dentro una cabina di una macchina per fototessere, d’accordo la Polaroid Studio Express non ha la cabina, ma certe cose si prendono solo per continuare a sognare e con una fototessera nel portafoglio o in mezzo a un libro si sogna meglio.

RESA: 10

FEELING: 7

UTILIZZO: 7

GLOBALE: 8

GIUDIZIO FINALE: 32/40

Rollei 35 T

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ne ho passati di mari,
ne ho raccolti di fiori
chi mi dice che son buone le pere
dopo un anno di pere dirà …
Singapore, vado a Singapore
vi saluto belle signore
Singapore, vado a Singapore
e vi lascio al vostro dolore
sono troppi i campi d’arare
per un solo trattore, però
ve lo devo confessare
è stato un vero piacere…!

Questo è il finale della canzone Singapore, vecchia canzone italiana anni 70. Le parole di questa canzone le voglio collegare a questa piccola meraviglia fotografica. Di mari, fiori e pere, cioè fotocamere, obiettivi e pellicole ne ho passate, ne ho raccolte e dopo un anno di pere, cioè di foto, dirò… “Singapore, vado a Singapore vi saluto belle signore”. Singapore è il paese in cui questa “Tedesca” viene assemblata, il basso costo della mano d’opera fa si che il colosso Rollei sposti la sua produzione proprio in questo paese, per molti questa cosa è una specie di tradimento, le produzioni che escono da singapore vengono presto bollate come di scarsa qualità, in poche parole inaffidabili. E forse in qualche caso un fondo di verità esiste, ma io non faccio di tutta l’erba un fascio. La Rollei 35T è una straordinaria compagna di avventure fotografiche, citando il testo della canzone, “Sono troppi i campi d’arare per un solo trattore”  Per lei si trova sempre lo spazio nel proprio corredo fotografico. Non ha bisogno di sgomitare per farsi largo nelle borse, sta perfettamente in una tasca proprio come farebbe una scatola di sigarette, (E fa molto meno male delle bionde,  nicotina pari a 0). Addentrandomi nei dettagli e nei meriti di questa fotocamera non posso esimermi dal parlare del obiettivo, praticamente il cuore di questa fotocamera, il sorprendente 40mm F3,5 Tessar, dotato di una nitidezza tale da meritare l’appellativo appunto  di Adlerauge (Occhio d’aquila), obiettivo colassabile con diaframmi che vanno da f3,5 a f22, la messa a fuoco è a stima. A tutta apertura non è sempre facile mettere a fuoco, invece diventa interessante quando si chiude il diaframma, a f 16 praticamente si a tutto a fuoco da 1,5 metri fino l’infinito, la nitidezza mantiene fede alla sua nomea. I tempi sono tutti meccanici e vanno da 1/2 di secondo fino arrivare a 1/500 di secondo, la batteria PX625 serve solo per l’esposimetro, non sempre precisissimo per la verità. Sempre citando la canzone, la prova sul campo “è stata un vero piacere”, in molte situazioni riesce a districarsi con grande maestria, con grande efficacia può essere considerata un piccolo gioiello. Tenetela a portata di mano, non si sa mai, potrebbe imprimere su pellicola un momento unico, un ultimo ricordo di chi si ama.

RESA: 8

FEELING : 7

UTILIZZO: 8

GLOBALE : 7

GIUDIZIO FINALE : 30/40

 

Dedicato a nonna Isolina.

 

Leica CL

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Leica CL

Mio personalissimo motto: Basti funzioni l’otturatore, che poi del resto se ne può fare benissimo anche a meno. Leica CL nobile un po’ bistrattata, che assieme alla Leica M5 viene considerata come la pecora nera della dinastia più importante e influente della fotografia. Il modello in mio possesso è particolarmente disgraziato, in quanto molte parti non funzionano o si rifiutano di funzionare. La leva di avanzamento è spallata, l’esposimetro è morto, ed è piena di ammaccature in ogni lato in cui si guarda, ma come dicevo al inizio, basta che funzioni l’otturatore che poi al resto ci penso io. Si è un rottame, e quando l’ho acquistata ero conscio che fosse un rottame, ma ero fiducioso perchè cercavo proprio una macchina da battaglia, da maltrattare, che potessi tenere sotto il sedile del auto senza preoccuparmi più di tanto. Leica CL un po’ di storia, viene prodotta dal 1973 al 1976 e nonostante al mondo ne girano circa 65.000 esemplari, viene precocemente pensionata e bollata come flop. In realtà la Leica CL è un ottima macchina pensata come una più economica alternativa della serie M di Leica, per realizzare questa macchina Leica sigla una partnership con Minolta, che produrrà un simil clone della CL e un evoluzione successiva denominata CLE. Dopo la “mastodontica” e criticata Leica M5, Leica produsse La CL (Compact Leica) una piccolissima fotocamera a telemetro che montava le classiche ottiche M, salvo per quelle poche lenti troppo grandi da inserire. Come la sua sorella maggiore M5 è dotata di braccetto mobile, necessario per la lettura del esposimetro mediante TTL. Le cornici visibili nel mirino sono il 40mm e il 50mm fissi e il 90mm quando si monta l’ottica. Ma la cosa che a mia modesta opinione rende questa fotocamera straordinaria è la sua capacita di funzionare anche senza l’uso delle batterie, infatti l’otturatore scatta da ½ a 1/1000 più la posa B indipendentemente dal fatto che ci siano o meno le batterie. Come già ho scritto in precedenza, l’esemplare in mio possesso è a dir poco un rottame, ma essendo io un paranoico, con la fobia di non poter scattare foto, perchè ad esempio, ho esaurito tutta l’energia elettrica messami a disposizione dalle batterie, non potevo resistere dal prendere a poco prezzo questo rudere. A dire la verità ho tenuto la CL per molto tempo chiusa in un cassetto, poi una giornata buia e piovosa d’inverno ho preso coraggio e gli ho buttato dentro un rullo di diapo, ho smontato gli occhialini al vecchio 35mm Summaron F2,8 e ho chiuso il vuoto con quello. Poi sono uscito di casa a fare qualche scatto, così, giusto per vedere se funzionava oppure no. Ho fatto una serie di scatti che io chiamo alla “Frisoni” come il nome di un noto artista le cui opere spesso sono vendute su Tele Market. Frisoni riproduce in maniera fedele i riflessi di luci che si formano sulle strade bagnate, io adoro i suoi quadri. Gli scatti fatti sono stati una sorpresa, perchè l’otturatore funziona, il Summaron dice ancora la sua e le diapo sono una meraviglia. Adesso la tengo inseparabile sotto il sedile del auto con un rullo di diapo dentro, non si sa mai mi capitasse una scena da fotografare non posso farmi trovare impreparato.

RESA: 10

FEELING: 8

UTILIZZO: 10

GLOBALE: 9

GIUDIZIO FINALE: 37/40

Konica FS-1 + Hexanon AR 40mm f1,8 (Pancake)

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La Konica FS-1 è una fotocamera per alcuni versi bizzarra. E’ tra le prime fotocamere ad integrare un motorino d’ avanzamento per la pellicola, facendo così sparire la leva di carica e donando alla macchina una fisionomia del tutto nuova per gli standard dell’ epoca. Viene presentata nel 1979 attirando l’attenzione di tutti, soprattutto delle case produttrici concorrenti che in seguito sposarono l’idea di fondere il corpo macchina con il motorino di avanzamento. La cosa bizzarra fu l’accoppiamento, se il corpo macchina crebbe nelle dimensioni, si ridussero quelle dell’ obiettivo. La FS-1 era venduta assieme al Hexanon 40mm f1,8 meglio noto come Pancake. Mio padre in tempi lontani usò il Pancake della Nikon, il 50mm f1,8, e benché ne parlasse sempre con grandissimo entusiasmo rimase sempre un fiero sostenitore della maggior veridicità dei colori raggiunti con Hexanon. L’ occasione su Ebay fu ghiotta, e la Konica FS-1 con Pancake a €23,00 comprese le spese di spedizione, non poteva essere ignorata. La FS-1 funziona con 4 batterie a stilo di tipo AA e la prima cosa che si nota è che la macchina funziona solo a priorità di tempo oppure in manuale, e preferendo la priorità di diaframmi il mio fu un “adattamento”. Infondo basta solo mettere il diaframma che si desidera e poi pescare il tempo giusto in manuale. Il mirino è luminoso, la messa a fuoco precisa ed i materiali di costruzione invece, sono qualitativamente inferiori alle concorrenti del epoca, molta plastica, di metallo solo il fondello. Un esempio calzante di eccellenza nel genere può essere rappresentato dalla Pentax ME Super molto più robusta e molto più rifinita della Konica FS-1. D’altronde di lì a poco tutti abbandonarono l’uso del metallo in favore della più leggera, più modellabile e soprattutto più economica plastica, un esempio su tutti la Canon T50. La Konica era una piccola casa che puntava molto sul elettronica e sulla qualità delle ottiche, ma il confronto con Canon, Nikon, Pentax era impari, la Konica come la Miranda fa parte di quei produttori figli di un dio minore, ma non per questo meno importanti di altri. Il Pancake, Hexanon 40mm f1,8 è l’esempio straordinario di come una cosa così piccola possa produrre un effetto così grande. Se vi dicessero che a questa lente gli manca solo la scritta Nikon oppure Zeiss pensereste che a quella persona manchi qualche rotella, ma io gli concederei il beneficio del dubbio. Se lo trovate a prezzo di saldo provatelo, male che vada lo userete come ferma carte sulla vostra scrivania, ma vedrete che non sarà quella la sua fine.

In un caldo pomeriggio di fine estate ho caricato La FS-1 con un rullino di diapo, scattando tutte le 36 foto una dietro l’altra. Il motore non è velocissimo ma diciamo solo che ci risparmierà il callo al pollice. Il rumore è sgraziato, in compenso il Pancake è ripieno di tanta grazia, gli scatti a tutta apertura sono più che piacevoli, chiudendo i diaframmi si rimarrà stupiti dalla incisione che può raggiungere questa lente, mentre i colori sono carichi ma reali. Tutto sommato la FS-1 legge bene la luce esponendo molto bene la pellicola.

In conclusione, come diceva il celebre Giobbe Covatta, basta poco che ce vò. Se volte divertirvi spendendo poco, pochissimo, date un occhiata alle Konica, non snobbatele, meritano tutte le nostre attenzioni e tutte le nostre pellicole.

RESA: 9

FEELING: 8

UTILIZZO:7

GLOBALE:7

GIUDIZIO FINALE: 31/40

Ps.

Le stampe non rendono giustizia alla lente e alle diapo prodotte.